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Ecco perché i vestiti inquinano

Il settore della moda e del tessile rappresenta la seconda industria più inquinante del mondo, seconda soltanto a quella del petrolio



Un quarto di tutte le sostanze chimiche prodotte in tutto il mondo sono utilizzate nel settore tessile. Molte di queste si presentano sotto forma di poliestere e altre fibre sintetiche che richiedono grandi quantità di petrolio grezzo.

Per la sola produzione di abiti avvenuta nel 2015, l'industria della moda ha consumato circa 80 miliardi di metri cubi di acqua dolce, ha emesso oltre un milione di tonnellate di CO2 e ha prodotto 92 milioni di tonnellate di rifiuti.


Inquinamento atmosferico

L'industria tessile emette ogni anno, a livello globale, la quantità di anidride carbonica prodotta dall'intero traffico aereo mondiale. La produzione delle fibre sintetiche emette nell'atmosfera oltre alla CO2, ossido di diazoto (con un potenziale di riscaldamento globale 310 volte superiore a quello dell’anidride carbonica), idrocarburi, ossidi di zolfo e altri sottoprodotti.

Inquinamento idrico

· L'industria tessile usa sostanze chimiche per candeggiare, tingere e fissare i coloranti (che sono spesso metalli pesanti). Tali materiali inquinanti e tossici vengono riversati nelle fogne, nei fiumi e nei laghi molto spesso senza passare per un impianto di depurazione adeguato.

· Le lavorazioni speciali, quelle per produrre tessuti tecnici come ad esempio quelli impermeabilizzati, comportano l'uso di sostanze fluoro chimiche e dei relativi sottoprodotti che sono altamente tossici.

· Le fibre sintetiche ad ogni lavaggio rilasciano una grande quantità di minuscole fibre singolarmente invisibili e praticamente indistruttibili; così ogni anno finiscono negli oceani mezzo milione di tonnellate di microfibre . Una quantità pari a oltre 50 miliardi di bottiglie di plastica.



Inquinamento ambientale

La maggior parte degli indumenti più comuni sono realizzati in sintetico, soprattutto poliestere che è un derivato della plastica e non si degrada dopo lo smaltimento.

· Il dominio della cultura fast fashion ha portato alle stelle la domanda di fibre a basso costo: a partire dal 2007, il poliestere è diventato, la fibra più diffusa per l'abbigliamento. Questo è un problema non solo perché le fibre sintetiche non sono biodegradabili, ma perché l'aumento di materiali sintetici sta permettendo la crescita della cultura del “consumo di moda”, una moda non sostenibile per l’ambiente.

Per produrre il cotone si utilizzano il 2% delle terre arabili del mondo. Per la sua coltivazione sono necessarie enormi quantità di pesticidi, fertilizzanti e acqua. È la fibra naturale per la cui coltivazione si usa il maggior numero di sostanze tossiche. Per essere lavorato necessita di più energia rispetto alle fibre sintetiche.




Inquinamento sociale

· La produzione delle fibre tessili più antiche come lana e cotone sono spesso quelle che si basano tuttora nello sfruttamento di manodopera sottopagata nella fase della coltivazione e della lavorazione.

· Le coltivazioni intensive di cotone occupano gran parte dei terreni agricoli, molti dei quali vengono strappati agli abitanti locali che non possono più coltivare prodotti alimentari necessari alla loro sopravvivenza.

· Erbicidi, defolianti, pesticidi e altre sostanze chimiche utilizzate per incentivare la crescita o aiutare la raccolta, aumentano il tasso di inquinamento ambientale e contribuiscono a intossicare le popolazioni locali.


Veleni a contatto con la pelle

Si tratta di sostanze chimiche cancerose, mutagene o allergeniche che possono essere presenti nei vestiti che indossiamo perché sono state impiegate come pesticidi nella fase della coltivazione o come antimuffa nella fase di stoccaggio; possono essere state utilizzate per colorare o plastificare i tessuti; attualmente sono vietate dalla legislazione europea, ma si possono trovare nei capi provenienti da altri continenti.

Una parte di queste sostanze chimiche viene trattenuta dalle fibre tessili e vi restano per tutta la vita dell’indumento. Assimilate dal nostro organismo attraverso il contatto diretto con la pelle e nuovamente disperse nell'ambiente a seguito dei vari lavaggi in lavatrice.

Secondo uno studio dell’Unione Europea il 7-8% delle patologie dermatologiche è dovuto a ciò che indossiamo.

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